Palme e banani in piazza del Duomo

Da qualche giorno in città si sta consumando un acceso dibattito: piazza del Duomo, palme sì o palme no? Posto che gli alberi sono già stati piantati, la polemica sembra quanto mai sterile e tuttavia abbastanza indicativa della mentalità prevalente. E cioè una mentalità pratica che privilegia spazi compatti, rigidi, sobri, come si augura l’architetto paesaggista Paolo Pejrone – non proprio l’ultimo arrivato – che sostiene strenuamente la necessità di

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mantenere la “natura minerale” di piazza del Duomo. L’architetto che ha firmato il progetto, Marco Baj, ha invece constatato che “ogni volta che parliamo di alberi si litiga sempre, sia quando vengono piantati, sia quando vengono tagliati”. Purtroppo è così: nonostante le migliaia di fusti che sono stati piantati negli ultimi anni nelle zone verdi della città e nei parchi della periferia, l’albero come complemento d’arredo urbanistico fatica a trovare una sua dimensione. Qualcuno lamenta la sostanziale estraneità di palme e banani alla cultura meneghina – concetto quanto meno inesatto visto il numero di palme ornamentali nei cortili privati. Altri si preoccupano per la differenza di clima, senza sospettare che ormai esistono specie, provenienti dal Tibet, che non hanno nessun problema con i nostri miti inverni padani, e che in Alto Adige è stata selezionata una varietà di banani ornamentali adatti ai climi freddi. Altri ancora deplorano il non trascurabile dettaglio per cui è

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Starbucks, la nota catena USA di caffetterie, a sponsorizzare l’arredo vegetale in piazza Duomo per i prossimi tre anni. Starbucks, che entro giugno 2018 aprirà cinque punti vendita tra Milano e Roma e che molti vedono come un avamposto della colonizzazione USA nella nostra inespugnabile fortezza meneghina. Altri, di cui non faremo il nome, lamentano capziosamente un’africanizzazione incipiente della piazza più importante di Milano (come se le palme crescessero solo in Africa). Le foto della vecchia Milano di fine Ottocento non mentono. Le palme sono già state usate come alberi ornamentali nel cuore di Milano. Quindi – per chi si preoccupa di

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cultura nostrana solo in questi frangenti sarà un sollievo apprenderlo – non sono affatto estranee alla nostra tradizione. Se poi, giustamente, qualcuno avrebbe preferito larici, rododendri, pini marittimi o cespugli di rose, bè, questa è un’altra storia, un’altra scelta stilistica che nessuno ha il diritto di contestare. Il resto è polemica.

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