Il Refettorio Ambrosiano tra chef stellati e design

La carità, quella vera, non è mai stata trendy. Ama nascondersi, non fa parlare di sé. Eppure ci sono casi in cui parlarne non solo è d’obbligo ma è anche un piacere. E’ il caso del Refettorio Ambrosiano, progetto inaugurato dalla Caritas Ambrosiana con lo scopo di recuperare il cibo che in troppi luoghi di Milano verrebbe sprecato, cibo che non solo sarà reso disponibile, ma anche esaltato dall’arte culinaria di alcuni tra i più grandi chef italiani.

Massimo BotturaNato da un’idea del vulcanico chef Massimo Bottura, da sempre attivo anche nel sociale, e da Davide Rampello, curatore artistico del Padiglione Zero di Expo Milano 2015, il Refettorio Ambrosiano è situato all’interno del vecchio teatro della parrocchia di San Martino (quartiere Greco), ristrutturato per l’occasione. Anche il mondo del design ha contribuito al progetto, con personaggi come Michele De Lucchi, Mario Bellini, Alessandro Mendini, Patricia Urquiola e molti altri che hanno progettato le diverse tavole del Refettorio, o come Mimmo Paladino, che ha realizzato il portale d’ingresso in terracotta, battezzato “la Porta dell’Accoglienza”.

 

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Il Refettorio diventa così uno spazio non solo utile, ma anche decisamente bello. Il programma durerà sei mesi, in contemporanea con Expo. Gli ospiti del Refettorio vengono in gran parte dal rifugio per i senzatetto di Greco e sono sia italiani sia stranieri. A servirli, oltre a Massimo Bottura, si avvicendano chef del calibro di Mauro Colagreco, Andrea Berton, Cristina Bowerman e tanti altri. Hamburger in scadenza, che andrebbero buttati, per fare ottimi ragù; pesto da basilico in eccedenza, destinato alla pattumiera; frutta troppo matura per essere mangiata da sola, utilizzata per i dessert. Chef stellati che lavorano dietro le quinte con la stessa professionalità che dedicano ai loro ristoranti, tra ravioli di manzo e verdure su crema di peperoni arrostiti, patate e uova in camicia, gelati.

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Si stima che in Italia venga gettato via il 25% del cibo acquistato ogni settimana, pari a un valore di 1600 euro all’anno a famiglia. L’atto del recuperare cibo, come ha dichiarato Bottura, “non è degradante, sono stati 40 anni di consumismo a renderlo tale, ma la parola latina recuperare era analoga a riconquistare: un atto di volontà e forza. Scartare, buttare è arrendersi.”

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