Il 13 marzo dalle 14.30 in Via Padova parte una corsa in bici che farà parlare: una pedalata di 8 chilometri nel cuore di Milano, fino a Porta Venezia, organizzata dalle donne di religione musulmana per ribadire la libertà di potersi muovere a proprio piacimento.
Convocata dal Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, che ha espressamente invitato “a partecipare alla biciclettata per dire no alla discriminazione contro le donne”, e sostenuta da BikeMi, che fornirà le biciclette ad eventuali appiedate, la pedalata delle donne (musulmane e non) non è da intendersi come una sfida ma piuttosto come un’allegra risposta all’imam della moschea di Segrate, Ali Abu Shwaima, che nel corso del programma Striscia la Notizia ha affermato come per una donna sia più decoroso muoversi in macchina (magari di lusso, e col marito alla guida) piuttosto che su una bicicletta. Poco importa che l’imam abbia cercato di rettificare dicendo di essersi espresso male. La questione se per una signora sia decoroso o meno
andare in bicicletta è aperta da sempre: a inizio Novecento erano soltanto le donne più eccentriche ed emancipate anche nella civilissima Europa a muoversi in bicicletta, e perfino nell’Italia di oggi non manca qualche retrivo misogino convinto che una donna in sella a una bicicletta costituisca un affronto al buon costume (di chi?, viene da pensare). Nelle settimana della Festa della Donna si tratta di un’iniziativa per nulla superflua: né dal punto di vista delle musulmane né delle donne italiane, tutte invitate a partecipare.